Pavimenti industriali: tra eccesso normativo ed assenza di verifiche.

Una visione nichilistica (ma realista) della situazione normativa in Italia

31/10/2024

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Nell’ultimo ventennio, nel settore dei pavimenti industriali così come in molti altri settori, c’è stato un esponenziale aumento di densità normativa nazionale ed internazionale.
Le normative assumono un ruolo fondamentale per fornire indicazioni progettuali e criteri di collaudo delle opere, con l’ovvia conseguenza di stimolare il mercato di riferimento ad adeguarsi a nuovi standard qualitativi.

Tutto molto bello… ma solo in teoria.

Come spesso accade, si tende a passare da una carenza normativa ed uno stato di semi-anarchia di mercato, ad un ‘affollamento normativo’ tale da rendere estremamente difficoltoso avere una visione d’insieme, se non addirittura a rendere impossibile (sempre in via teorica) la realizzazione di un’opera.

Un esempio lampante è stato quello dell’ingresso delle NTC 2018, che hanno prescritto che l’inserimento di fibre come rinforzo strutturale del calcestruzzo sia consentito ai soli produttori del calcestruzzo stesso, i quali devono preventivamente qualificare e certificare con un CVT (Certificato di Valutazione Tecnica) le singole ricette di calcestruzzo fibrorinforzato.
Una situazione unica al mondo.
Ad oggi, dopo quasi 7 anni, i produttori di calcestruzzo preconfezionato non dispongono di alcun CVT, pertanto grazie alla normativa il settore del calcestruzzo fibrorinforzato è stato letteralmente ucciso… almeno sulla carta.
Si, perché il mercato italiano, quando si trova di fronte ad un ostacolo normativo, lo scavalca e lo ignora.
In questi anni il calcestruzzo fibrorinforzato è stato largamente utilizzato, in barba alla normativa cogente.

Immagine Ma c’è norma e Norma...

Ma c’è norma e Norma...

Nell’affollamento normativo è inoltre importante distinguere tra norme Cogenti italiane, norme internazionali, norme volontarie e codici tecnici emessi dalle associazioni di settore.

  • Le norme Cogenti sono norme imperative che, per definizione, non sono derogabili tra le parti. La contrarietà a norme cogenti determina l'illiceità di un contratto. Un chiaro esempio di norma cogente in edilizia sono le NTC 2018.
  • Le norme tecniche volontarie sono emesse da associazioni private e, in quanto volontarie, non hanno caratteristiche di obbligatorietà. Nel campo dei pavimenti industriali in calcestruzzo ed in resina, due esempi di norme volontarie sono le UNI 11146:2005 e UNI 10966:2020. Queste norme hanno valore solo se citate contrattualmente. In ogni caso, le norme volontarie non possono contrastare con le norme cogenti.
  • I codici tecnici di settore non sono delle norme ma sono delle indicazioni tecniche alla progettazione, costruzione e collaudo. Nei pavimenti industriali i documenti tecnici di riferimento sono i Codici di Buona Pratica emessi da Conpaviper.Occorre ricordare che i documenti tecnici non hanno valore se non citati contrattualmente e che, in ogni caso, non possono contrastare con le norme cogenti.
  • Vi sono inoltre norme tecniche che assumono ruolo di norma cogente qualora vengano recepite dai Ministeri. Nel campo dei pavimenti industriali un esempio è il DT 211/2014 del CNR, il quale è stato citato in una circolare esplicativa delle NTC2018.
  • Vi sono poi norme tecniche volontarie estere/internazionali, come ad esempio il TR34 (Concrete Society), le DIN15185, DIN18202 che vengono talvolta citate nei capitolati per pavimenti industriali, le quali tuttavia non troverebbero applicazione sul territorio italiano, se non citate contrattualmente e se non in contrasto con le norme cogenti.

Pensi che tutto questo sia un inutile caos?
Ovvio, lo é.

Immagine Le aziende ed i loro clienti vogliono davvero le normative?

Le aziende ed i loro clienti vogliono davvero le normative?

Le aziende costruttrici virtuose dovrebbero trovare nella normativa un fedele alleato, che obblighi le aziende meno virtuose ad adeguarsi a standard qualitativi più elevati.
Questo dovrebbe avvenire a condizione che le norme vengano scritte in modo coerente con la realtà di mercato, che siano applicabili nella loro totalità e che vengano recepite dal settore.
Purtroppo molto spesso non avviene né l’uno né l’altro.
Alcune norme vengono scritte da tecnici/progettisti che non hanno un costante contatto con la quotidiana realtà di mercato (ovviamente è una mia personalissima opinione). Talvolta qualche normativa indica criteri costruttivi che sono fisicamente irrealizzabili, in altri casi si fanno prescrizioni che sono totalmente anacronistiche rispetto alla realtà di mercato.
La normativa passa quindi dall’essere un potenziale alleato ad un nemico da cui difendersi.
 

I clienti vogliono solamente la qualità al prezzo più basso possibile, demandando alla generica ‘regola d’arte’ ogni possibile criterio costruttivo.

Immagine Ma queste normative hanno senso se non esistono verifiche?

Ma queste normative hanno senso se non esistono verifiche?

Il codice della strada avrebbe senso se non esistessero gli organi di Polizia che lo fanno rispettare?
I cittadini pagherebbero le imposte se non esistessero la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate?
Risposta scontata.

In cantiere l’organo di ispezione e controllo si chiama DIREZIONE LAVORI, una figura tecnica nominata dal Committente e che opera negli interessi dello stesso.
I problemi sono fondamentalmente due:

  • MOLTO spesso i committenti privati vedono nella Direzione Lavori una figura superflua ed un inutile esborso di denaro (ricordo invece che negli appalti pubblici la nomina della direzione lavori è obbligatoria). Ne consegue che in MOLTI cantieri la D.L. non esiste. I committenti ritengono quindi di poter svolgere autonomamente le funzioni di controllo, nonostante a loro volta non siano assiduamente presenti in cantiere e non abbiano adeguate conoscenze tecniche del settore edile.
  • Nei cantieri dove è stata nominata una Direzione Lavori, nella maggior parte dei casi questa figura è fisicamente assente in quanto impegnata in molteplici commesse. Molte D.L. ignorano (o fingono di non conoscere) i propri obblighi, risvegliandosi dal torpore solo in caso di problematiche e contenziosi. 
    Un esempio lampante? Secondo la norma cogente (NTC2018) la D.L. è responsabile dei controlli di accettazione e qualità del calcestruzzo fornito in cantiere. Peccato che nel 99% dei casi la D.L. sia assente durante i getti e che demandi all’impresa costruttrice i controlli.  Il controllato diviene il proprio controllore, nel più clamoroso conflitto di interessi.

In sintesi, vuoi per mancanza di una D.L., vuoi per semplice lassismo della stessa o misconoscenza normativa, i pavimenti industriali, salvo le dovute sporadiche eccezioni, non sono soggetti ad alcuna verifica di collaudo.
In assenza di controlli, le prescrizioni progettuali rimangono valori puramente astratti.

Ma quindi a cosa serve tutta questa normativa?

Sarebbe molto bello elogiare le normative e dichiarare di osservarle pedissequamente, ma se vogliamo evitare di raccontarci storielle possiamo dire apertamente che la realtà è ben diversa.
Non so quante persone in Italia conoscano il contenuto di tutti i documenti tecnici che ho citato in questo articolo, ma penso di non essere eccessivamente pessimista affermando che si potrebbero contare sulle dita di due o tre mani.
La maggior parte delle imprese e dei clienti ignorano l’esistenza stessa di queste norme.

Un minimo di ricerca e di interesse verso la normativa tecnica si risveglia quando il pavimento industriale finisce in tribunale ed il Giudice incarica un C.T.U., quale esperto della massima autorevolezza e di insindacabile giudizio, il quale dovrà decidere le sorti del contenzioso.
Anche in questo caso tuttavia, la mia personale esperienza mi porta ad affermare che le competenze dei CTU nella maggior parte dei casi sono tutt’altro che autorevoli e, invece di dedicarsi ad effettuare perizie leggendo ed applicando la normativa di riferimento, molti CTU si limitano a trarre conclusioni basandosi su considerazioni del tutto soggettive e prive di riscontro normativo.

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